Quella notte d’agosto il cielo
pareva un’immensa distesa di velluto blu, impreziosito da innumerevoli
diamanti. Tra le vette dei monti le stelle parevano brillare più di quanto
avessero mai fatto, come luminosi e tremuli occhi angelici.
Qualche impalpabile
nuvola, illuminata dall’argentea luce lunare, passava silenziosamente nella
volta stellata: distratta, sognante, pareva accarezzare il cielo sfiorandolo di
cotone.
Solamente i grilli, col loro
ipnotico canto, riempivano il silenzio assordante della notte e un intenso
profumo di legno umido e fiori di campo donava al vento fresco un aroma
tipicamente estivo.
Dal rustico balcone di una
piccola baita, tra gerbere bianche e petunie violacee, qualcuno osservava incantato e speranzoso la
volta celeste. Aveva il nasino all’insù ormai da una buona mezz’ora, seduto in
ginocchio su un vecchio sgabello di paglia.
Con i gomiti ben poggiati sulla
ringhiera, puntellava il mento con le sue manine, un po’ assonnato ma deciso a
insistere: desiderava tanto vedere almeno una stella cadere, prima di
coricarsi.
Paziente, si lasciò cullare dai
grilli e dalle cicale; contò le falene, richiamate dall’ingannevole luce dei
lampioni; rincorse con lo sguardo i contorni delle grosse pietre del selciato. Ma
non passava attimo che non alzasse lo sguardo, per timore che qualche scia solcasse
il cielo a sua insaputa.
Sbadigliò. Si stancò e forte
sbuffò.
<Ehiiii!?> un vocino lo
rimproverò <Che maniere sono?! Se non mi fossi appeso mi avresti fatto
cadere!>
Il piccolo al principio non capì,
ma potè presto vedere un lucido ragnetto nero appeso al legno della ringhiera
su cui era appoggiato.
<Un ragno! Sei tu?> chiese
stupito.
<Si certo, sono io! Chi
credevi che fossi? Una stella cadente?> gridò arrabbiato.
<Magari, ragno. Scusami se ti
ho soffiato addosso. E’ che sono qui da tanto sai? Non ne vedo nessuna.>
Il bambino abbassò lo sguardo,
rattristato.
Il ragno sospirò. Si intenerì e abilmente si arrampicò sul
corrimano, fino ad arrivare vicino a lui.
<Vedrai che prima di riposare
una scia d’argento ti riporterà il sorriso>
<Tu guardi mai il cielo,
ragno?> domandò il piccolo.
<Oh certo.. ci sono sere in
cui si vedono persino brillare i pianeti: Marte, Saturno, Venere… Ma lo
spettacolo più grande è senza dubbio il manto stellato. Non credì?>
La creatura sorrise, mettendosi
comoda.
<Aspetto un poco con te. Ma
dimmi: se tu potessi scegliere, vorresti essere un pianeta o una stella?>
Senza pensarci due volte, il
bambino gridò: <Un pianeta! Grande, potente, come la Terra! Sarei fortissimo!>
Il ragno rise: <Credi davvero
che i pianeti siano più grandi delle stelle? Ah, me lo immaginavo! Tutti uguali
voi bambini.>
Il ragazzino corrugò la fronte.
<Sai che esistono stelle più
grandi dei pianeti?> continuò la bestiola, indicando con la zampina un punto
del cielo <Guarda, ad esempio quella: è Vega! Ed è più grande persino del
sole!>
<Non è vero> incrociò le
braccia deluso il bimbo <Io voglio essere un pianeta!>
<Sii quello che ti pare, ma
tutti sono capaci di essere pianeti. E’ essere stelle che è un vero privilegio!>
<Che vuoi dire?>
<Le stelle hanno un dono
immenso, piccolo. E’ vero, sono anche destinate talvolta a cadere. Ma restano
più forti di tutti i pianeti! Perché sanno brillare di luce propria, piccole o
grandi che siano. I pianeti non fanno altro che riflettere la loro luce, eppure
non ne sanno emanare.>
Il bambino lo ascoltò
attentamente.
<Il potere di chi porta la
luce dentro, di chi la sa usare per illuminare la vita degli altri, è qualcosa
di impagabile: mentre tutti si trovano, prima o poi, a godere di un raggio, è
da pochi saperlo irradiare da dentro. Tutti sono capaci di ricevere luce, pochi
la sanno donare. Perfino a chi non lo meriterebbe: credi che per le stelle sia
semplice brillare ugualmente ogni notte, mentre pochi alzano lo sguardo per
ringraziarle? Credi sia facile per loro sorridere quando quaggiù la gente si
perde in cattiveria e dolore?> Il ragno sospirò <Eppure lo fanno lo
stesso, perché non sanno smettere di amare.>
Alle sentite parole del ragnetto,
finalmente una scia luminosa passò la volta stellata da parte a parte,
maestosamente.
Il bambino la vide e stentò a
parlare: <La stella, ragnetto!> urlò <La stella!>
<Presto piccolo, esprimiamo un
desiderio!> disse la bestiola saltellando e chiudendo…tutti gli occhietti.
Il bimbo strinse forte le palpebre
e unì speranzoso le mani: i due amici liberarono così nel cielo un loro sogno,
sorridendosi poi felici a vicenda.
Certo, entrambi erano molto
curiosi di sapere quale desiderio avesse espresso l’altro: ma si sa, i desideri non vanno mai rivelati. Devono restare un segreto tra noi e le
luminose scie d’argento.
Eppure il piccolo ragnetto avrebbe scommesso che, dietro
a quegli occhi serrati e quel cuore ancora giovane, qualcuno desiderò
profondamente di diventare, da grande, ‘una stella vera’.
A tutti voi, perchè questa notte possiate vedere numerose stelle cadenti, credendo nei desideri più profondi del cuore.
A tutti voi, perchè possiate godere dei vostri sogni poi realizzati; perchè possiate essere nella vita delle stelle vere, con tutto ciò che questo comporta: sarà sempre un immenso e ineguagliabile dono.
A te, piccolo e bianco batuffolo, che hai saputo amare anche chi ti ha odiato e regalato della vita quando stavi per morire: ora che sei una stella, grande e luminosa, nessuno ti farà cadere più.
La notte sarebbe certo meno felice, se non fossi nata tu ad illuminarla.
Stelle croccanti al profumo di dragoncello con amaranto, zucca e tomino di Langa
120 gr di amaranto
240 gr di acqua
200 gr di zucca
1 piccola cipolla bianca
1 uovo
1 cucchiaio di dragoncello tritato
90 gr di farina di mais per impanature + altra per infarinare
1 tomino di Langa con latte di capra al 100%
sale q.b.
olio evo q.b.
Cuocere l'amaranto nell'acqua per ca. 40 minuti, avendo l'accortezza di non farlo attaccare (io ho usato una pentola antiaderente). Una volta cotto, lasciare riposare con il coperchio per ca. 10 minuti. Tagliare la zucca a pezzetti, la cipolla a dadini piccoli, tritare il dragoncello e mettere in una padella con un po' di acqua, un po' di olio evo e del sale. Far cuocere fino a che la zucca non si sarà ammorbidita, poi schiacciarla con una forchetta fino ad ottenere un composto piuttosto pastoso. Lasciare raffreddare. Nel frattempo tagliare a dadini il tomino di capra.
In una grossa scodella unire l'amaranto, il composto di zucca, l'uovo, la farina di mais e i pezzetti di tomino di capra. Mescolare e formare delle piccole palline che metterete in una formina sagomata a stella. Premere, livellare ed estrarre la crocchetta delicatamente (d'accordo, non è un'operazione facile, ma se volete semplificarvi la vita potete fare dei semplici medaglioni!) e passarla poi in altra farina di mais. Depositarla su una teglia coperta con carta da forno e continuare il procedimento fino ad esaurimento del composto.
Cuocere in forno statico ben caldo a 200°C per ca. 20 minuti, fino a doratura.
Esprimete un desiderio e... buon appetito!
Un abbraccio grande e buona notte di San Lorenzo!