All'ingresso del giovane re
Guglielmo la sala improvvisamente piombò nel silenzio.
Il timido brusio di voci smise di
echeggiare tra le mura spesse e rocciose del castello, illuminate dalla luce soffusa
che filtrava dolcemente dalle alte bifore all'imbrunire.
Il sovrano, seguito da un servizievole e fedele accompagnatore, salì con fare solenne alcuni gradini
in marmo bianco, per poi sedersi su un massiccio trono intarsiato posto al di
là di un imponente arco a sesto acuto. Re Guglielmo osservò qualche
istante la moltitudine di persone riunite dinanzi a lui e, estraendo uno
scettro dorato da sotto un pesante mantello di velluto scuro, fece cenno ai
presenti di accomodarsi.
La corte prese posto occupando
alcune larghe panchine in pietra addossate alle pareti della stanza,
sontuosamente decorata con raffinati arazzi e scene venatorie, attendendo così che
il monarca profferisse parola.
<Fedeli amministratori e
uomini di corte> esclamò il giovane Guglielmo rompendo il silenzio
<Quest’oggi non vi ho riuniti per discutere questioni di guerre, bilanci o
alleanze; non vi ho chiamati per decidere le sorti del mio regno. Essere re
comporta responsabilità e obblighi inimmaginabili, nonché la possibilità di
avere molti nemici a minaccia della mia incolumità: io devo sapere di chi mi
posso davvero fidare. Rispondete, dunque: cosa significa per voi essere dei
buoni amici?>
I nobili e i funzionari presenti
si guardarono allora vicendevolmente, dubbiosi e stupiti per una simile
richiesta. Qualcuno iniziò a riflettere, qualcuno a sospirare; qualcun altro
taceva fissando il vuoto, cercando dentro di se la migliore risposta che
potesse dare. Altri ancora non diedero troppo peso al quesito, nascondendosi
tra le ombre dei presenti per evitare di essere interpellati. Guglielmo diede alla corte un po’
di tempo per riordinare le idee, mentre il suo buon accompagnatore si preoccupò
di addolcire la sua attesa porgendogli un boccale colmo di latte di mandorla e
miele, una delle bevande che il sovrano più amava.
<Nessuno sa rispondere?>
domandò poi il monarca spazientito, poggiando il calice sul piccolo tavolino
imbandito posto accanto al trono.
<Tu> continuò, additando un
uomo curvo e molto magro, seduto al centro di una delle panchine di marmo
chiaro <Vieni avanti, dimmi cosa è per te essermi amico>
Il nobile, titubante, si portò al
centro della stanza e fece un profondo inchino.
<Mio re> proclamò con voce
roca il tesoriere di corte <Io sono un buon amico perché mi curo dei vostri
averi, li custodisco e li gestisco. Con me le vostre ricchezze sono al sicuro,
le incremento così che voi possiate godere di una vita agiata. E se voi vivete
nella ricchezza, ci vivo anche io>.
Così facendo, batté i tacchi e tornò
a sedere. Si fece avanti allora un giovane
uomo longilineo, dalla voce squillante.
<Mio re> disse l’araldo di
palazzo <Io sono un buon amico perché vi introduco a coloro che chiedono
udienza e vi annuncio ovunque desiderate recarvi, così che in ogni dove
sappiano come accogliervi con gli onori che vi spettano. E se voi siete
conosciuto, in vostro nome lo sono anche io.>
Guglielmo annuì e lo congedò,
afferrando distratto una grossa e succosa arancia dal piatto della mensa
regale, mentre a saltelli e volteggi un tozzo giocoliere si presentò al suo
cospetto.
<Mio sovrano> ridacchiò il
giullare <Io sono un buon amico perché mi preoccupo di farvi divertire tutto
il giorno e tutta la notte. Suscito in voi l’allegria, la spensieratezza; vi
mostro cosa siano la leggerezza e la follia. E se amate fare festa, sono ben
lieto di intrattenermi con voi.>
Il saltimbanco si allontanò
goffamente, inciampando e facendo perdere l’equilibrio ad un uomo barbuto alle
sue spalle, suscitando l’ilarità dei presenti.
<Vostra maestà> balbettò imbarazzato
il cantastorie, raccogliendo da terra le pergamene che fino a poco prima teneva
tra le mani <Io vi sono amico perché tesso le vostre lodi in tutto il regno.
E vi sostengo a tal punto persino descrivendovi nelle mie storie come un eroe,
condottiero dalle grandi ed epiche gesta. Adularvi è il mio modo per sentirmi
da voi apprezzato e amato. E se voi siete appagato, io sono fiero di
immortalarvi per sempre nella memoria del popolo, poiché un giorno potrò dire
di avervi conosciuto>.
Il sovrano ascoltò ogni singola
parola, accarezzandosi pensoso la barba incolta. Osservò il menestrello mentre
tornava a sedersi, lasciando la parola al serissimo e posato consigliere di
corte.
<Mio re> esclamò il
consulente personale di Guglielmo, schiarendosi aulicamente la voce <Io sono
vostro amico poiché a me chiedete consiglio. Mi lusinga che voi vi fidiate del
mio parere: è perciò mia premura compiacervi di rimando, dandovi ragione ad
ogni bella idea o iniziativa intrapresa per il regno. E se vi aiuto a farvi
sentire saggio, voi mi permettete di sentirmi particolarmente valido e considerato>.
Il giovane regnante attese che
ogni nobile di corte esponesse la sua personale risposta alla domanda e infine
ringraziò gli astanti. Inchino dopo inchino, la sala tornò infine ad essere
muta. Lo sguardo di Guglielmo passò allora in rassegna uno per uno i volti
presenti nel vasto salone, fino a che i suoi occhi non si posarono proprio sul
suo silenzioso accompagnatore, intento a far portare via i vassoi fino a poco
prima colmi di primizie siciliane.
<Messere> lo chiamò,
facendo improvvisamente sussultare il fedele compagno, che si voltò sorpreso
<Per te, invece, cosa significa essermi amico?>
Il ragazzo, titubante, si
avvicinò lentamente al monarca e si inginocchiò accanto a lui, arrossendo
timidamente. Con lo sguardo basso cercò più volte di parlare, senza riuscire a
dire nulla.
<Vorrei potevi dire
qualcosa> sussurrò poi con garbo <Eppure temo che non potrei essere all'altezza di nessuno dei vostri funzionari di corte. Io non sono un buon
amico: non mi curo delle vostre ricchezze, né le amministro per voi; non
annuncio a gran voce il vostro nome, risplendendo della vostra grandezza.
Probabilmente non riesco a farvi divertire, coinvolgendovi in grandi feste e
godendone con voi; non vi lodo continuamente di fronte a chiunque, né riferisco
di voi cose non vere solo per adularvi o per entrare nelle vostre grazie: non
ne sono capace perché io mi preoccupo voi, non di ciò che potreste essere. Non
riesco neppure a darvi ragione quando avete torto e mi dispiaccio se per questo
potrei offendervi, ma credo che il male sia male e ferirebbe anche un sovrano.
Perciò perdonatemi se parlando vi ho deluso>.
L’accompagnatore sollevò il viso
incontrando gli occhi verdi e acuti del monarca, che abbozzò contro ogni
aspettativa un lieve sorriso. Guglielmo poggiò la mano sulla spalla del ragazzo
e si alzò dal trono, rivolgendosi all'assemblea.
<Da quando ricordo d’aver
avuto senno, ho imparato che c’è sempre un motivo per il quale qualcuno può
starci accanto e c’è chi crede che questa ragione si possa chiamare amicizia. Eppure
non v’è nulla di più sbagliato. L’amicizia non si identifica mai con una
ragione che possa permetterle d’esistere: se esiste, esiste senza un perché. Lo
fa gratuitamente come semplice forma d’amore. Essa non è la condivisione della
ricchezza o della fama di qualcuno, finché dura la gloria. Non è lodare
affinché qualcuno ci lodi di rimando. Non è una grazia elargita nella speranza
di riceverne un’altra in cambio. Amicizia è verità, e come essa può talvolta
fare male senza uccidere mai; fa gioire della gloria di un altro come fosse la
propria. Amicizia è avere qualcosa da dare, non cercare qualcosa da
ricevere.>
Il sovrano si voltò nuovamente verso
il suo accompagnatore, invitandolo ad alzarsi.
Strinse le sue mani con
gratitudine, sorridendo ad un volto incredulo ma felice: <Non esiste
tristezza per la perdita di coloro che ritenevo falsamente amici, ora che accanto
ne ho scoperto uno genuino. Non hai motivo di starmi vicino, non ho nulla che a
te interessa , sebbene io sia un grande re: eppure sei qui, perché la sola
ragione che ci lega è l’autentico affetto. E in questo ‘niente’, il ‘tutto’ ha
il tuo nome, amico mio>.
Cilindretti agrumati al sorgo e riso integrale
con pasta di zenzero candito, mandorle e miele
(senza glutine, senza lattosio)*
*controllate ovviamente che gli ingredienti che acquistate siano certificati!
Per la frolla
80 g di farina di riso
50 g di farina di riso integrale
20 g di fecola di patate
20 g di farina di sorgo integrale
40 g di zucchero a velo
50 g di burro delattosato
½ cucchiaino di cannella in
polvere
½ cucchiaino di lievito
vanigliato
1 uovo
1 pizzico di sale
Per il ripieno
50 g di mandorle non spellate
40 g di zenzero candito
1 cucchiaino di miele millefiori
1 cucchiaino di scorze di arancia
fresche
1 cucchiaino di scorze di limone
fresche
1 cucchiaino di succo di limone
1 cucchiaino di succo d’arancia
1 cucchiaino di aroma naturale di
fiori d’arancio
½ cucchiaino di cannella in
polvere
Preparate il ripieno dei
cilindretti tritando in un mixer le mandorle con la pellicina, lo zenzero
candito, il miele, le scorze di arancia e di limone, la cannella, il succo di
arancia, il succo di limone e l’aroma naturale di fiori d’arancio, fino a che
non avrete ottenuto un composto piuttosto pastoso.
Tenete il ripieno in una scodella
a parte, mentre preparerete la frolla.
Mettete nella scodella della
planetaria le farine, il lievito, la cannella, lo zucchero a velo, il sale e il
burro delattosato freddo a pezzetti. Azionate l’impastatrice e, quando le
farine avranno assorbito bene il burro, aggiungete l’uovo. Quando la frolla
sarà pronta, lasciatela riposare in frigorifero per circa 30 minuti, coperta da
pellicola da cucina.
Passato il tempo d’attesa,
stendete la frolla in un rettangolo dal lato corto di ca. 10 cm, ad uno
spessore di ca. 3 mm. Mettete nuovamente in frigorifero l’impasto appena steso,
per un’altra mezz'ora. Inumiditevi leggermente le mani e
create con il ripieno allo zenzero un filoncino di ca. 1 cm di diametro.
Adagiate il filoncino sulla pasta frolla stesa e avvolgetelo per bene in essa.
A questo punto tagliate il rotolo che avrete ottenuto in pezzetti di 5 o 6 cm
di lunghezza, decorando la superficie con l’aiuto di una bocchetta a stella da sac-a-poche.
Lasciate i cilindretti in
frigorifero mentre accenderete il forno a 170°C. Una volta che quest’ultimo
avrà raggiunto la temperatura, infornate i biscotti per ca. 10/12 minuti, fino
a quando saranno lievemente dorati.
Sfornate e lasciate raffreddare
prima di gustare, rigorosamente in compagnia di un buon amico!
...ed è così. Non posso che dedicare in special modo questa ricetta alla mia dolcissima chef Mimma. E' lei che mi ha regalato tanti profumati limoni e tante succosissime arance, direttamente dalla Sicilia, con le quali ho potuto creare questi cilindretti agli agrumi. Grazie, amica mia, per essere nella mia vita come solo tu sai fare; grazie perché ci sei, come un sole, a scaldare le giornate più buie! Sei unica e ti auguro tutto il bene più vero che si possa desiderare nella vita. Ti voglio bene!
E auguro tanto bene anche a tutti coloro che in questo momento hanno bisogno di credere nell'amicizia: tante volte capita di restare delusi, di avere a che fare con persone che sembrano volere tutto da noi senza restituire niente; capita di essere messi in un angolo solo perché osiamo essere noi stessi, diversi da quello che gli altri si aspettano da noi.
Diamo tutto e sembra non essere mai abbastanza. Tanti dicono di capirci, di starci accanto, ma quando si tratta di dover perdonare, di dover comprendere debolezze e sofferenze, ci troviamo soli. Già, perché chi ama davvero sa di non essere perfetto. Chiede solo d'essere accettato per ciò che di vero può donare.
Amicizia non è la quantità di tempo che si passa insieme: è come lo si passa, anche se fossero secondi in un mare di eternità. Amicizia non è la quantità di parole con cui ci si copre, ma qualità di queste; è anche silenzio, lontananza, però condita da fiducia. Chi ti ama non ti mette in dubbio mai, nemmeno quando hai palesemente torto o quando non ti parla da anni. Amicizia è un tesoro che dovete portare con voi, quando dite a qualcuno che terrete il suo cuore in mano. Non lasciate che nessuno vi dica che non siete buoni amici solo perché non vi hanno realmente compreso o accettato: ognuno di noi poi fa i conti con se stesso.
Non travisate mai, pertanto, il termine 'amicizia'. Questa ha un valore: potreste addirittura contare in tutta una vita i veri amici sulle dita di una mano. Ma quello che più conta è che non dovete disperare. Credete in questo bellissimo sentimento: siate voi stessi gli amici che vorreste avere accanto. Se ciascuno di noi trattasse gli altri con il rispetto che chiede per se stesso.. questo mondo sarebbe certamente pieno di amicizia vera ed amore.
p.s. Lo so, gli agrumi non sono proprio di stagione ma.. questo la dice lunga sul tempo che ho avuto per condividere questi dolcini con voi. Meglio tardi che mai, no?
Vi ringrazio di essere qui con me, sempre.
Un abbraccio grandissimo!